Spiritualità Cristiana e Cattolica - Riflessioni e principi
La Chiesa Cattolica considera la vita umana e la persona umana incommensurabilmente preziose. Le Scritture rivelano che Dio conosce e ama intimamente ciascuno di noi.
Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.
Ancora informe mi hanno visto i Tuoi occhi
e tutto era scritto nel Tuo libro;
i miei giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno.
Quanto profondi per me i Tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio;
se li conto sono più della sabbia,
se li credo finiti, con te sono ancora.
Salmo 139, 15 - 18
Sion ha detto: «Il Signore mi ha abbandonato,
il Signore mi ha dimenticato».
Si dimentica forse una donna del suo bambino,
così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se queste donne si dimenticassero,
Io invece non ti dimenticherò mai.
Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle Mie mani,
le tue mura sono sempre davanti a me.
Isaia 49, 14 - 16
Cosa significa "essere umano" ?
Una comprensione cristiana della persona umana si basa sulla premessa che siamo allo stesso tempo esseri fisici e spirituali; un aspetto non è distinto dall'altro. I nostri corpi ci rappresentano nel mondo ed è attraverso i nostri corpi che esprimiamo il nostro spirito. Lo spirito umano, come inteso dalla Chiesa Cattolica, è orientato al bene. Ogni persona è creata per cercare ciò che è buono e giusto, ciò che è "di Dio". Questa è la coscienza, intesa come la Legge scritta da Dio su ogni cuore umano.
Ogni essere umano è dotato da Dio del libero arbitrio. Questo significa che siamo liberi di accettare o rifiutare l'invito di Dio a condividere la Vita di Dio e camminare nelle vie mostrate da Gesù a noi. Il Dio che incontriamo nella libertà è colui che ci invita ad essere compagni del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo nell'opera della creazione e della salvezza.
L'essere umano ha quindi un carattere essenzialmente interpersonale e comunitario. La libertà di cui gode ogni individuo è una realtà completamente sociale, perché è attraverso la nostra connessione con gli altri che scopriamo la nostra identità di esseri umani e cresciamo per essere completamente umani. Le persone sono attratte ad amare e a condividere se stesse nell'amore.
"Dio, che ha creato l'uomo per amore, lo chiama anche all'amore, la fondamentale vocazione innata di ogni essere umano".
Cosa significa essere creati a immagine di Dio ?
Allora Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza...". Così Dio ha creato l'uomo a Sua immagine, a immagine di Dio l'ha creato, maschio e femmina li creò.... Dio vide tutto quello che aveva fatto, e invero era molto buono. Genesi 1:26, 27, 31
Una convinzione fondamentale nella nostra tradizione cattolica, basata sulle narrazioni della creazione del Libro della Genesi, è che ogni persona è creata a immagine di Dio. Viene descritto come Dio fece la "creatura terrestre" e soffiò nelle sue narici rendendola un essere vivente. Lo Spirito di Dio anima la terra e la rende umana.
Creati a immagine di Dio e animati dallo Spirito, tutti gli esseri umani riflettono in modo unico la loro origine divina e il mistero della presenza di Dio nel loro essere. Il sigillo del divino non può mai essere cancellato. Ecco perché ogni individuo ha una dignità innegabile e un valore che suscita in tutti un profondo rispetto e onore. Ne consegue che la dignità umana non poggia mai su considerazioni di razza, stato sociale, realizzazione o sforzo personale. Tutti, piuttosto, sono chiamati a riconoscere la dignità dell'altro.
Spesso la dignità umana o il valore degli individui sono oscurati dall'uso improprio della libertà, cioè attraverso il peccato. Il peccato è il rifiuto di accettare di vivere secondo Dio, secondo il Suo dono d'amore gratuito. Come spiega chiaramente Matteo (25,37 - 40), il Signore dell'Amore ci incontra soprattutto nelle persone dei poveri, dei malati e dei dimenticati. Non solo la peccaminosità sorge dall'abuso della libertà umana, ma è anche evidente che il peccato deforma le strutture della vita sociale e inibisce la prosperità umana. Dove ingiustizia, povertà e oppressione prevalgono, in qualsiasi società, la dignità e il valore di coloro che vivono in essa sono minati.
Noi Cristiani crediamo che la Morte e la Risurrezione salvifica di Gesù hanno vinto il potere del peccato nel mondo. L'Amore, la Vita e la Grazia di Dio, condivisi con l'umanità, abilitano le persone a vivere una vita degna della loro vocazione di Popolo di Dio.
La morte è una realtà, insieme inevitabile e universale; non c'è modo di evitarla. I Cristiani hanno sempre visto la morte alla Luce della Risurrezione di Gesù, che è la vita eterna promessa da Dio all'umanità. Nel parlare della fine della vita i cristiani considerano non solo la sua fine corporale, ma il suo scopo e la destinazione futura. La Vita e la Risurrezione di Gesù Cristo sono una realtà che il credente ha già cominciato a condividere con Cristo nella vita dello Spirito. La Risurrezione di Gesù è il pegno di gloria futura di Dio nella sua pienezza, quando tutta la creazione sarà fatta nuova. Gli esseri umani sono resi presenti a tutto e a tutti attraverso la loro corporeità, collegati a tutta l'umanità, alla terra e al cosmo. La fede nella vittoria dell'amore salvifico di Dio è il fondamento della speranza che tutti saranno salvati e alla fine godranno della Gloria di vedere Dio faccia a faccia in Paradiso.
Dio si è reso visibile nella storia umana attraverso la Persona di Gesù, che è il modello per una vita veramente umana. Con le Sue Parole e le Sue Azioni Gesù ha mostrato che Dio cerca coloro che sono perduti, perdona coloro che fanno il male, li tiene teneramente nella loro fragilità e li ama fedelmente, anche quando l'amore non è ricambiato. Il dono di Sé di Gesù nell'Eucarestia abilita i cristiani a condividere la Vita di Dio e li unisce a tutto il creato, impegnandoli alla condivisione e a lavorare per la giustizia nel mondo.
"Spiritualità" è una parola d'ordine nel nostro tempo, la quale genera molte posizioni di accoglienza attiva. I ricercatori spirituali abbondano e c'è una miriade di risorse disponibili da cui attingere, portanti la definizione di "pratica spirituale". Materiali spirituali nelle librerie e in Internet continuano a moltiplicarsi ad un ritmo sbalorditivo, come le persone di ogni ceto sociale e religiose, che hanno come obiettivo primario della vita il "diventare spirituali".
Il termine "spiritualità" può portare un potere stellare all'inizio del ventunesimo secolo, ma c'è molta confusione riguardo a cosa significhi. La gente trova spesso difficile dare la giusta importanza alle varie pratiche spirituali. Come si fa decidere riguardo ad una pratica spirituale? L'obiettivo diventa ancora più impegnativo quando, sullo sfondo, si considerano la spiritualità e la religione due entità separate. Gli studiosi di spiritualità sollevano sostanziali preoccupazioni circa l'ampliamento del divario percepito fra spiritualità e religione. Si chiedono se la spiritualità stia diventando una grande merce in questa nostra cultura consumistica. Purtroppo, sovente sembra proprio così. Troppo spesso la spiritualità è presentata o venduta come un nuovo e migliorato sostituto della religione. Tale "divisione" fra spiritualità e religione, a volte, può rappresentare un pericolo, se l'argomento non è ben compreso.
A volte si sentono dei commenti come questo: "Io sono spirituale, ma non religioso". L'enunciato suggerisce una non familiarità o indifferenza alla propria tradizione religiosa di origine. Indica spesso insoddisfazione o frustrazione per una particolare espressione di istituzione religiosa. A volte segnala una percezione limitante della religione come "anemica" o "seriosa". Coloro che affermano di essere "spirituali" ma "non religiosi" meritano di essere ascoltati. Le istituzioni religiose, come l'umanità in generale, avrebbero a volte bisogno di impegnarsi maggiormente nel dialogo, nell'autocritica e nel rinnovamento. Sì, più attenzione dovrebbe essere posta sulle pratiche spirituali, intese come "contenuto centrale" della fede tramandata. Tuttavia non si dovrebbe concludere che la spiritualità sia un sostituto della religione.
Una spiritualità disconnessa dalla religione priva del senso di comunità e della tradizione, non avvantaggiandosi di queste per il dialogo e la pratica, mancando inoltre di responsabilità. Tale spiritualità rapidamente diventa privatista e senza radici, un qualcosa all'opposto della comprensione cristiana della "vita nello Spirito".
Da una prospettiva cristiana, lo Spirito che soffia viene fatto risalire alle Lettere di Paolo, in cui usa il termine greco "pneuma" per segnalare una vita vissuta in allineamento con quella di Dio. La spiritualità cristiana presuppone, per grazia di Dio, un desiderio umano e capacità di crescere in unione con il Dio Uno e Trino. Comprende il carattere dinamico della vita umana vissuta in cosciente rapporto con Dio in Cristo attraverso lo Spirito, come sperimentato all'interno di una comunità di credenti. Per vivere la spiritualità, un cristiano deve porre attenzione a ciò che è di Dio, per approfondire una vita di conversione che ha il discepolato come suo obiettivo.
La spiritualità cristiana si esprime più autenticamente nel vivere le nostre promesse battesimali. Il cuore di queste promesse consiste nel rifiuto di tutto ciò che non è di Dio e nella decisione di vivere in accordo con le energie e le vie del Dio Uno e Trino. Un rinnovato impegno per mantenere le promesse del Battesimo è reso possibile dalla Grazia di Dio, su cui fare affidamento anche grazie alla comunità dei credenti, e supportata attraverso l'impegno in pratiche spirituali significative.
"La Messa è culto sacramentale, come si suol dire: il fisico è inteso come il nesso fra il visibile e l'invisibile, fra il tempo e l'eternità; proprio come avvenne sugli altari d'Israele e nella Carne del Figlio di Dio incarnato, nella Croce, nella Risurrezione e nell'Ascensione."
Riportiamo di seguito una parte di un saggio del Dott. Thomas Howard, morto all'età di 85 anni, che in origine fece parte di una conferenza tenuta al Gordon College nel giugno del 1995. Appare nella raccolta The Night Is Far Spent: A Treasury of Thomas Howard (Ignatius Press, 2007).
La mia ipotesi è che qui mi stia rivolgendo ad almeno tre gruppi di persone riunite insieme in assemblea. Il gruppo più numeroso di voi si collocherebbe in quell'ala del protestantesimo noto come evangelicalismo e sarà cresciuto in famiglie evangeliche. Un secondo gruppo ci dirà: "Sono stato cattolico fino all'età di quindici anni, poi ho incontrato Gesù", oppure "sono stato cattolico fino a diciassette anni, poi sono diventato cristiano". Un terzo gruppo di voi è cattolico romano, e mentre parliamo qualcuno potrebbe scoprire che qualche fratello di fede sembra molto lontano dall'essere soddisfatto del fatto che il suo cattolicesimo lo qualifichi come cristiano.
Vediamo se riesco a gettare luce su questo tema della spiritualità cattolica in modo che noi tutti possiamo cogliere le cose in una luce abbastanza chiara.
Come sapete, tutti noi facciamo quello che facciamo per ragioni che hanno radici nella nostra storia e cultura. Alcuni ebrei, per esempio, indossano grandi cappelli di pelliccia e lunghi cappotti neri e calze bianche. Devi indagare nella loro storia prima di decidere se abbiano un gusto antiquato. I calvinisti mettono il pulpito al centro dell'attenzione nelle loro chiese: hanno ragioni appassionate per adottare questa disposizione architettonica. Gli evangelici cantano un certo tipo di canzone gospel, o canzone di lode, che trova le sue radici nella cultura americana moderna. Parlo, ovviamente, di tradizione. Essere umani significa essere profondamente radicati nella tradizione. Siamo tutti d'accordo sul fatto che ci sono cattive tradizioni e buone tradizioni: incatenare gli schiavi è una cattiva tradizione, mentre togliersi il cappello in chiesa e alzarsi in piedi quando una donna entra in una stanza dovrebbero essere delle buone tradizioni. Dire che qualcosa è tradizionale lascia aperta la questione se debba essere cambiato. Se è frivolo, brutale o generato male, allora siamo tutti d'accordo che il cambiamento è indicato.
Non esiste, come sapete, il cristianesimo non tradizionale. Quello che facciamo quando ci incontriamo con altri credenti per l'adorazione, e la sequenza che seguiamo, e le stesse frasi e vocabolario che emergono, non sono emersi direttamente dalle pagine del Nuovo Testamento ieri. John Wesley, o il generale William Booth, o Menno Simons, o Giovanni Calvino o Martin Lutero, o JN Darby, o John Wimber, o DL Moody, o Roger Williams, o AJ Gordon, o Ignazio di Antiochia, o Clemente di Roma, o Giustino Martire, o Gregorio I, questi signori stanno fra voi e il mattino di Pentecoste a Gerusalemme duemila anni fa.
Anche se ti sforzi strenuamente per la spontaneità nella tua adorazione, ad esempio, trovi due cose: in primo luogo, c'è un'antica tradizione di sforzi per la spontaneità nell'adorazione - si chiama montanismo - e in secondo luogo scopri che la tua spontaneità si trasforma molto rapidamente in una mezza dozzina di frasi e gesti. Siamo tutti umani, in verità, e non possiamo sbarazzarci della tradizione più di quanto possiamo sbarazzarci di questi nostri corpi.
Mentre i nostri precursori nell'antica Fede si spostavano da quella abbagliante mattina pentecostale nel lungo cammino della storia, scopriamo che la pietra di paragone per la loro vita insieme, per la loro preghiera e per il loro culto, era l'apostolato. Il cristianesimo non era solo un aggregato disordinato di credenti indipendenti e gruppi sparsi per la Samaria e l'Asia Minore. Dovevi essere in comunione obbediente, visibile, organica con gli stessi Apostoli. Poi, con il passare dei decenni e la morte di Pietro e Giovanni e Giacomo e gli altri, ti sei trovato sotto l'autorità degli uomini sui quali avevano imposto le mani. Questi uomini erano sorveglianti, o pastori: vescovo è la parola che è entrata in gioco molto rapidamente. Se eri cristiano, dicevi: "Policarpo è il mio vescovo", oppure "Ignazio è il mio vescovo". Non c'era nulla di simile nella Chiesa a cui tu ed io dobbiamo la nostra fede, non esisteva un cristiano indipendente o individualista.
Naturalmente, i tipi zelanti spuntavano dalle erbacce ogni ora alla mezz'ora, per così dire, dicendo: "Ciao ragazzi, sto avviando una chiesa qui" o "Ho una parola dal Signore ”, o “Lo Spirito Santo mi ha rivelato così e così”. Questi uomini furono chiamati eresiarchi dai cristiani (c'erano anche alcune donne).
Le cose erano molto rigide, in realtà: se ne dubiti, guarda le Epistole di San Paolo o ascolta di nascosto il Concilio di Gerusalemme, che gli apostoli convocavano per decidere cosa dovevi fare su certe questioni di coscienza. I cristiani non sono rimasti a organizzare seminari e simposi per discutere di questioni: gli apostoli ti hanno detto cosa fare e in cosa credere. Questa notizia può renderti ombroso, ma tutti noi, battisti, OPC, copti, RC o Grace Chapel, dobbiamo essere d'accordo sul fatto che questo era il modo in cui gli apostoli facevano le cose, nel bene o nel male. Se tentiamo uno schema diverso, lo facciamo sotto lo sguardo titanico di quella grande nuvola di testimoni che, dice il Libro degli Ebrei, ci osservano mentre inciampiamo nel nostro frammento di storia.
Essere un credente in quei primi giorni significava guardare a te stesso, non tanto come un privato che aveva accettato il Signore Gesù Cristo come tuo personale Salvatore, ma piuttosto come uno che si era unito a questa entità chiamata Chiesa. Se, per esempio, tu fossi un negoziante cristiano ad Antiochia, e io, il tuo vicino pagano, dopo aver osservato te e i tuoi compagni di fede per un paio d'anni, venissi da te e dicessi: "Ehm, penso che mi piacerebbe diventare un Cristiano”, non mi diresti: “Oh! Grande! Ecco Giovanni 3:16. Possiamo semplicemente chinare la testa qui, e tu puoi ripetere questa preghiera dopo di me, e poi sarai un cristiano." No. Mi diresti: "Ah. Vuoi essere cristiano, vero? Bene, ti presenterò il nostro vescovo, Ignazio, e ti consegnerà ad alcuni cristiani per l'istruzione per circa un anno, e ti sarà permesso di partecipare alla nostra adorazione (ma dovrai andartene quando arriviamo alla Cena del Signore ogni settimana), e poi, l'anno prossimo il vescovo ti battezzerà e diventerai cristiano."
Se questo suona peculiare a noi credenti americani moderni, il nostro atteggiamento è indice di quanto ci siamo allontanati dalle discipline e dalle tradizioni degli stessi uomini a cui dobbiamo la nostra fede. E, per inciso, quell'antico schema potrebbe essere ciò che sta alla base della confusione che gli evangelici a volte incontrano quando chiedono a qualche cattolico romano se è "salvato" o "nato di nuovo". La maggior parte dei cattolici borbotterà, brontolerà e abbaierà, e forse gracchierà: "No, sono cattolico". Così facendo, brancola un'identità che risale ai tempi apostolici. Quella parola cattolica è entrata in gioco pochi decenni dopo la Pentecoste. Essere cattolico doveva essere identificato con Pietro e Giovanni e Paolo, e con Ignazio e Clemente e Policarpo, e con quella strana folla nell'impero romano che adorava Dio e il Suo Servo Gesù (così lo esprimevano spesso). Era un'identità profondamente aziendale. L'individualismo non aveva preso il controllo in quei secoli e, cosa abbastanza interessante, fu in quel momento che quella che vediamo oggi come pietà cattolica romana iniziò a formarsi. Il che fa emergere un punto: i credenti cristiani seri parlano spesso di “tornare al Libro degli Atti”, o di prendere spunti dal solo Nuovo Testamento, come se stessero dicendo qualcosa di tagliente. Quello che manca, ovviamente, è che la Chiesa nascente non ha preso spunti dal Nuovo Testamento (non c'era ancora) e, in secondo luogo, che in questo Nuovo Testamento non si può trovare un progetto per il culto cristiano (Atti 2:42 elenca quattro ingredienti dei loro incontri insieme, ma non ci dice come avessero organizzato le cose). E in terzo luogo, naturalmente, insistere in modo troppo stridulo su una rigorosa adesione alla lettera di Atti 2:42 significa suggerire che il seme piantato dallo Spirito Santo era un seme povero e non crebbe mai. Un cattolico romano vede la crescita della Chiesa e del suo culto non come una questione di impertinenti Papi medievali, che registrano accrescimenti sul culto della Chiesa fino a quando alla fine non si ottiene una stravaganza chiamata Messa solenne, ma piuttosto come il germogliare organico, la fioritura e la fruttificazione di un albero da un seme sano: un albero grande abbastanza perché tutti gli uccelli del cielo vi si appollaino per ascoltare l'annuncio evangelico. Così, quando farai notare a un cattolico che la sua adorazione, la Messa, non assomiglia affatto a quelle riunioni accalcate nel Cenacolo e così via, penserà all'abitudine che hanno le ghiande di diventare enormi querce, che ovviamente non sembrano affatto ghiande.
Questo ci porta a un altro punto su cui potrei essere in grado di aiutare in questa sede. Su questo tema della Messa, o della Liturgia, come la Chiesa apostolica chiamava il suo culto, sbagliamo in qualcosa che potrebbe sorprendervi. Quando si passa ai primissimi documenti della Chiesa, si scopre che il culto collettivo aveva assunto una forma molto specifica. Si incontravano, non principalmente per un sermone, né principalmente per fraternità, né principalmente per insegnare, né per cantare, né per nient'altro che l'Eucarestia. La Tavola del Signore, in altre parole. Questo, fin dall'inizio, era ciò che intendevano per adorazione. Sarebbero rimasti perplessi nel trovare cristiani duemila anni dopo che si riunivano per il culto collettivo nel giorno del Signore senza celebrare l'Eucarestia.
E non solo: il loro culto non ha preso nessuna forma antica. Non sapevano niente di spontaneità. Come il Signore Gesù, che era cresciuto nella sinagoga, e come tutto il popolo di Dio fin da Mosè e prima, avrebbero saputo che, quando vi riunite in modo regolare, ricorrente e a lungo termine per offrire il sacrificio di adorazione al Trono di Zaffiro, hai bisogno di un modulo. Perché la forma ti libera dalla pozzanghera superficiale delle tue risorse ad hoc del momento e ti attira nella dignità, nobiltà e splendore che accompagnano il culto angelico dell'Altissimo, e per i quali tu ed io bramiamo con insondabile brama. Perché noi mortali siamo, naturalmente, creature cerimoniali. Evviva la spontaneità al suo posto, ma quando arriviamo ai grandi, centrali, profondi misteri che stanno alla base della nostra vita mortale: nascita, matrimonio, adorazione, e la morte, allora cerchiamo una forma. Una cerimonia. Ogni tribù, cultura, società e civiltà lo ha saputo. Perché cerimonializziamo ciò che conta di più per noi? Perché voi spose vi vestite in quel modo e camminate così lentamente lungo il corridoio? Perché guidano il carro funebre così lentamente? Perché metti quelle candeline su quella torta di compleanno? Oh, certo, l'ostetricia e la ginecologia sono da lodare per il loro aiuto nel far nascere i nostri bambini, ma quando arriviamo a cosa significa - che una nuova persona è apparsa sulla scena - ah, allora, dobbiamo andare più a fondo di quanto l'ostetricia possa portarci, e l'unico modo per farlo è attraverso la cerimonia. Tutti gli ebrei e tutti i cristiani ortodossi, cattolici romani e anglicani contano su questo; e tutti i musulmani e gli indù, e in effetti persone di ogni tribù e cultura, lo testimonieranno. Quindi, se mettete alla prova un amico cattolico romano sul motivo per cui i cattolici si attengono a una forma rigida per il culto, non capirà bene cosa gli state chiedendo. Sicuramente, vorrebbe sapere, non credete seriamente che la spontaneità sia ciò che vogliamo quando veniamo, come santo popolo di Dio, settimana dopo settimana, secolo dopo secolo, ad offrire il sacrificio di adorazione al Trono di Zaffiro?
Può anche essere utile spiegare che non solo la struttura della Messa stessa – la prima parte, chiamata Sinassi, che contiene tutte le letture scritturali, e il sermone e il credo e le preghiere, e la seconda parte, chiamata l'Anafora, con il Grande Ringraziamento e la stessa Comunione, che non solo questa struttura, ma anche le stesse parole risalgono al primo e al secondo secolo. È una cosa tremendamente commovente, credetemi, leggere i testi di ciò che dicevano e facevano quei primi cristiani quando si radunavano, e poi ascoltare quelle stesse parole nella liturgia nella vostra parrocchia locale da domenica a domenica. Si dispiega una continuità gloriosa e ininterrotta: voi sapete che siete legati agli apostoli, ai Padri, ai martiri, ai vescovi e ai confessori,e tutta la compagnia dei fedeli dalla Pentecoste ai nostri giorni. Un cattolico romano ha difficoltà a capire perché i cristiani vorrebbero mettere da parte questa antica liturgia a favore di un progetto moderno. Ma la mia ipotesi è che a questo punto alcuni di voi potrebbero mormorare: "Beh, va tutto molto bene, la nobile antichità di cui parli. Ma la 'gente comune' è veramente toccata da questo?" Una domanda legittima, touché. E la risposta, ovviamente, è no, non più del fatto che un ebreo medio vedesse la Gloria di Dio ogni volta che i leviti suonavano le trombe, né il tuo avvocato presbiteriano medio o amministratore delegato episcopale o studente universitario del Gordon College, veda quella Gloria quando l'organo, o le chitarre, intonano l'inno di apertura. Noi mortali non andiamo molto bene con questo lavoro di adorazione. Dov'era la tua mente durante il canto dell'inno di pochi minuti fa? Ahimè. Ma tutti noi, battisti, pentecostali o cattolici, vorremmo raggiungere la massima di Sant'Agostino "abusus non tollit usus", se qualche nostro amico non religioso ha suggerito che dovremmo abbandonare le nostre pratiche di adorazione poiché la maggior parte delle volte le nostre menti vagano altrove. "L'abuso di una cosa non toglie il suo uso corretto." Non gettiamo la spugna sulla cappella di Gordon perché le menti delle persone vagano o leggono una rivista in grembo. Continuiamo a combattere, tenendo aperta, per così dire, la porta del tabernacolo, affinché le anime buone e sante vengano ad offrire le loro offerte, e affinché altri di noi, trovandosi in questi recinti, possano forse essere destati ai nostri doveri verso la Divina Maestà.
Consentitemi di toccare un altro punto sul culto e la pietà cattolica romana che, credo, costituisca uno scandalo per i cristiani protestanti. È questo affare del fisico. I cattolici si inginocchiano, si inchinano e si fanno il segno della croce. Alcuni addirittura si battono il petto durante l'Agnus Dei ("Agnello di Dio"). E c'è spesso incenso. Il celebrante indossa abiti elaborati. Ci sono candele, acqua santa, pane e vino. Non è affatto lo schema delle cose di Ginevra o Zurigo o Edimburgo. Non è tutto, davvero, pagano?
Ebbene sì, se vuoi dire che i pagani usano l'incenso e si inchinano e accendono candele. Ma nel momento in cui diciamo che sappiamo di essere nei guai, poiché anche i pagani si radunano per adorare, pregare e ascoltare l'insegnamento, proprio come facciamo noi cristiani. E i pagani si inginocchiano, come molti di voi fanno al proprio capezzale. Chiaramente non possiamo adottare la regola che dice: Se lo fanno i pagani, noi cristiani non dobbiamo. Il punto è che noi uomini ci inchiniamo, ci inginocchiamo, ci raccogliamo e alziamo le mani sante. Il problema arriva quando chiedi quale divinità viene invocata. Se è Baal o Osiride, allora hai il paganesimo. Se è il Dio e Padre di nostro Signore Gesù Cristo, allora hai il culto cristiano.
Ma ancora, il Nuovo Testamento non ha posto fine a tutte le cerimonie? L'adorazione non è una questione strettamente dell'uomo interiore adesso? Ebbene sì, se vuoi dire che il Padre cerca coloro che lo adorerano in spirito e verità. Ma, ovviamente, questa non è un'innovazione del Nuovo Testamento: i Profeti tormentavano sempre Israele per la stessa cosa. E John Knox, Jonathan Edwards e Kierkegaard assillarono i protestanti sui loro rituali di adorazione farseschi e vuoti. I cattolici non hanno alcun angolo su questa difficoltà. Così, ammesso che è sempre difficile per noi mortali riunire e mantenere insieme la forma esteriore e la realtà interiore, ammettendo questa grave difficoltà, non dovremmo ridurre le cose al minimo in modo da diminuire il pericolo? Forse è così. D'altra parte, ovviamente, tu ed io non siamo gnostici. Non siamo manichei. Quelle erano le persone che volevano che la religione fosse una questione del nostro volo in un etere vacuo e disincarnato, gettando a mare questi nostri imbarazzanti corpi in carne e ossa, con tutti gli starnuti e i sibili che portano con sé. Tutti quei bostoniani del diciannovesimo secolo come Ralph Waldo Emerson e Bronson Alcott e William Ellery Channing erano quasi manichei. Volevano che il cristianesimo fosse fumigato e cerebrale. Siediti nella tua chiesa del New England su un banco di legno e pensa a Dio. Ma per favore, niente odori e campane. Per favore. Tu ed io risponderemmo a Emerson e compagnia sottolineando che il cristianesimo, lungi dall'essere la religione semplicemente del Libro, come l'Islam, è profondamente carnale. Ma dopo gli altari e gli agnelli e le giovenche e il grasso bruciato dell'Antico Testamento, si arriva allo spirituale: giusto? Sbagliato. C'è un concepimento, di un bambino nel grembo di una giovane ragazza. C'è il parto e la circoncisione. C'è acqua per il vino a un matrimonio. Ed ecco la tua e la mia salvezza, operata non da editti tramandati dal cielo, ma da spine e schegge e chiodi e tagli. Ma poi diventiamo spirituali, giusto? Sbagliato di nuovo. Un corpo, fuori dal sepolcro. E peggio ancora – quel corpo – la nostra carne umana, assunta all'Ascensione nei più intimi misteri della Santissima Trinità. Quando è stata l'ultima volta che hai sentito un sermone sulle implicazioni dell'Ascensione? E poi, ovviamente, non solo un Libro, ma Pane e Vino, dati a noi, giorno per giorno, finché dura la storia. Una religione molto fisica è quella a cui apparteniamo.
Questo è ciò che si dice nella Messa romana. La Messa è culto sacramentale, come si suol dire: cioè il fisico è inteso come il nesso fra il visibile e l'invisibile; fra il tempo e l'eternità; proprio come avvenne sugli altari d'Israele, e nella carne del Figlio di Dio incarnato, e sulla Croce, e nella Resurrezione e nell'Ascensione. E tu ed io siamo più che anime, o intelletti. Gesù Cristo ha salvato l'uomo intero, rotule, timpani, narici e tutto: perciò i cristiani si inginocchiano per pregare, suonano le chitarre nel loro culto e portano incenso. È un bene per il mio cuore che le mie ginocchia tocchino il pavimento. È un bene per la mia anima che i muscoli del collo si pieghino un po' quando dico grazie a pranzo. Queste cose fisiche appartengono alla personalità senza soluzione di continuità che sono io. Emerson ha sbagliato tutto.
Potrei concludere qui menzionando un elemento che è appiccicoso come uno qualsiasi degli elementi dell'elenco di domande che i buoni evangelici hanno sulla pietà cattolica romana. Intendo il Rosario. Se qualcosa sulla terra assomigliasse alla vana ripetizione contro cui la Bibbia ci mette in guardia, sarebbe certamente il Rosario. Comporta ripetizioni apparentemente infinite dell'Ave Maria. Non può essere "preghiera", vero? Fammi vedere se posso aiutarti a vedere almeno il motivo per cui i cattolici apprezzano il Rosario. Primo, sappiamo tutti quanto sia terribilmente difficile fissare la nostra mente nella meditazione cristiana. Se ci hai provato tu stesso, sai che il tuo peggior nemico sono i pensieri erranti. Sai anche che esaurisci molto rapidamente le cose da dire quando stai meditando su uno dei misteri del Vangelo (e sicuramente se uno è un cristiano serio avrà come parte dei suoi esercizi quotidiani proprio questo meditare e meditare). Il Rosario ci fornisce un modo per soffermarci (questa è la parola chiave, appunto) in modo sistematico e progressivo, alla presenza di tutti i grandi eventi della nostra salvezza, in compagnia di colei che è stata la più ricettiva al Signore, cioè la Vergine Maria, che disse, ricorderete: «Ecco la serva del Signore: avvenga di me secondo la Tua parola». Ahimè, questo è ciò che tu ed io, in nostro padre Adamo e nostra madre Eva, non abbiamo detto in Eden; ed è un modo per riassumere tutto questo processo di crescita della vita cristiana che abbiamo intrapreso. Se solo potessi imparare, sempre di più, a dire, dal mio cuore: "Mi avvenga secondo la Tua parola". Il Rosario ci presenta quindici eventi evangelici: l'Annunciazione, la Visitazione, la Natività, la Crocifissione, la Resurrezione e così via, dandoci una sorta di ritornello su cui mormorare mentre ci poniamo in conspectu Dei ad ogni scena. Questo è simile al modo con cui i carismatici mormorano “Gesù! Gesù!" o il modo con cui noi evangelici ripetiamo “Alleluia!” o “Incoronalo! incoronalo!” in un inno. Ci viene dato un ritornello tranquillo da tenere sulla lingua mentre indugiamo, ci aiuta a rimanere sul posto. Le parole sono come cuscinetti a sfera, per così dire. Aiutano le nostre povere facoltà sparse a rimanere in linea. E, naturalmente, l'“Ave Maria” è biblica: stiamo semplicemente ripetendo il saluto di Gabriele a questa donna, siamo una delle tante generazioni che la vogliono chiamare beata, come lei stessa ha cantato nel Magnificat. Perché, naturalmente, è stata lei quella di noi che è stata coinvolta più intimamente in tutto il dramma della redenzione: i patriarchi e i Profeti, i re e gli Apostoli hanno tutti testimoniato la Parola: Maria ha portato la Parola. Lei è il compimento di Genesi 3:15. Nella misura in cui uniamo sempre più le nostre aspirazioni alle sue, ci avviciniamo sempre più all'intima unione con il Signore. “Ecco la serva del Signore”: se solo potessi imparare a dirlo, in mille situazioni durante tutto il giorno in cui l'irritazione, o il risentimento, o la lussuria, o l'impazienza mi sorgono. “Mi sia fatto secondo la Tua parola”. È uno stato d'animo meraviglioso a cui dovrebbe aspirare un cristiano. Il Rosario, giorno per giorno, ci presenta quegli eventi sui quali la nostra anima dovrebbe abitualmente dimorare e ci aiuta a soffermarci in quei canti evangelici.giorno per giorno, ci presenta quegli eventi in cui le nostre anime dovrebbero abitualmente dimorare e ci aiuta a soffermarci in quei recinti evangelici giorno per giorno, ci presenta quegli eventi in cui le nostre anime dovrebbero abitualmente dimorare e ci aiuta a soffermarci in quei recinti evangelici.
Il mio tempo è scaduto. Ho appena toccato questo argomento della Vergine Maria e non ho detto nulla del Papa, o delle preghiere ai Santi, e del Purgatorio, e di tante altre cose che sembrano un oltraggio all'ardente fantasia evangelica. Come forma di abbreviazione, posso semplicemente dire che ognuna di queste nozioni e pratiche è profondamente centrata su Gesù Cristo che, dice la Chiesa cattolica romana, facendo eco a San Paolo, è “l'unico mediatore fra Dio e l'uomo”.
Dieci principi della vita spirituale
1) “Spiritualità” o essere “spirituali” non significa niente di più, ma anche niente di meno, che essere animati e guidati dallo Spirito del Signore Gesù che si riceve nel Battesimo. Questo è ciò che intende San Paolo con “vivere secondo lo Spirito” o essere “spirituali”. Non significa necessariamente un'esperienza intensa e straordinaria o un'interiorità sensibilissima.
2) Forse il modo più utile per comprendere la vita spirituale è vedere il nostro obiettivo nel rinnovamento per Grazia (in particolare per opera dello Spirito Santo, spesso chiamata Grazia “increata”) dell'immagine di Dio dentro di noi, ferita dal peccato originale e da quelli attuali. La Grazia purifica il nostro intelletto nel conoscere la verità e rettifica la nostra volontà nell'amare il bene.
3) Essenziali per la salute spirituale – mantenere in noi la salute e il vigore della vita dello Spirito Santo – sono la preghiera, il silenzio e il nutrimento attraverso la lettura. Tutti questi richiedono dedizione, disciplina e lo sviluppo dell'abitudine.
4) La preghiera, secondo Clemente Alessandrino (212 d.C.) è “conversazione con Dio” o, secondo san Giovanni Damasceno (749 d.C.), “l'elevazione del cuore e della mente a Dio” o, secondo Santa Teresa d'Avila (1582 d.C.), «nient'altro che un'intima condivisione fra amici... prendersi del tempo per stare da soli con Colui che ci ama». Ogni preghiera inizia con l'iniziativa di Dio: non è mai semplicemente il prodotto dei nostri sforzi, sebbene una preghiera fruttuosa richieda il nostro sforzo.
5) Esistono tre espressioni, o tipi di preghiera: vocale o verbale, meditativa e contemplativa. La preghiera verbale usa le parole (come preghiere formali, preghiere con parole proprie, la “preghiera di Gesù”); la meditazione impegna l'immaginazione mentre si medita e considera i misteri della fede o le parole della Sacra Scrittura (ad eseempio come avviene con il Rosario o la lectio divina); la preghiera contemplativa è la preghiera di unione, spesso senza parole, realizzata nel silenzio ed è il dono di Dio all'anima, che implica un'intensa consapevolezza della presenza di Dio nell'anima.
6) Il silenzio è un prerequisito essenziale della preghiera e della vita spirituale. È imperativo coltivare tempi di silenzio nella nostra vita quotidiana. Il silenzio ci aiuta a crescere nella consapevolezza di sé, che è essenziale per una crescita genuina poiché l'orgoglio è l'assenza di una prospettiva di sé indotta dall'assorbimento di sé. Man mano che cresciamo nell'autocoscienza, accadono due cose: riconosciamo la nostra vera povertà e arriviamo a vedere la nostra vera identità in Cristo.
7) È essenziale anche il nutrimento attraverso una solida lettura spirituale. Il posto d'onore spetta al testo ispirato delle Sacre Scritture. La Scrittura deve essere letta cristologicamente: Cristo è la chiave per svelare il significato della Scrittura nel suo insieme, compreso l'Antico Testamento. Egli è la Parola mediata dalle parole. Egli è la lente attraverso la quale tutte le Scritture devono essere lette. Se hai intenzione di leggere le Scritture, inizia sempre con i Vangeli, che creano la "lente" per il resto della Bibbia. Piccoli frammenti della Scrittura ogni giorno su cui possiamo rimuginare o meditare sono la base. Utile anche leggere le Scritture insieme a tutta la Chiesa: seguendo il ciclo del Lezionario, possiamo seguire le letture della Messa quotidiana e farne un vero alimento.
8) Un'altra fonte di nutrimento è la Liturgia delle Ore, la preghiera ufficiale della Chiesa universale. Composta da salmi, cantici e brani delle Scritture, è destinata a diventare il cardine o perno, e fondamento della nostra vita quotidiana di preghiera. Il ciclo della preghiera del mattino, o "Lodi" e della preghiera della sera, o "Vespri", può strutturare e plasmare la nostra esistenza quotidiana. Anche le vite e gli scritti dei santi sono un'altra eccellente fonte di nutrimento spirituale. Più ci vediamo come parte di una Tradizione vivente di pratica spirituale, più possiamo appropriarci del meglio di essa per noi stessi.
9) Tutte queste pratiche si basano sull'autodisciplina: la capacità di spegnere la TV, il computer, il cellulare e l'iPod e dedicare del tempo ogni giorno a Dio. Il segreto è iniziare in piccolo e farlo crescere. Tutte queste pratiche devono essere in accordo con il proprio stato di vita. Non ci si può aspettare che una madre di un bambino di sette anni viva come una trappista; bisogna scoprire cosa funziona per se stessi, sulla base della formula delineata sopra. Come ogni altra cosa nella vita, l'equilibrio è importante.
10) Queste pratiche saranno utili solo se ci si sforza di vivere pienamente la vita sacramentale della Chiesa, in particolare attraverso la celebrazione fedele e regolare dell'Eucarestia, che la Chiesa insegna essere la cosa più efficace che possiamo fare, e la celebrazione regolare del sacramento della riconciliazione.
In fondo, si tratta di abitudine: non semplicemente come comportamento ripetitivo, ma come disposizione ferma e affidabile della volontà; inculcare le buone abitudini e sradicare le cattive abitudini, assistiti tutto il tempo dalla Grazia. Ecco perché la regolarità è più importante del volume. È qualcosa di più della semplice forza di volontà o dell'autodisciplina: se così fosse sarebbe insufficiente, perché significherebbe che ci affidiamo principalmente ai nostri sforzi e non alla Grazia di Dio.
Inizia in piccolo. Abbi fede. Lascia che Dio faccia il resto.
Spirituale e religioso: i vantaggi di essere entrambi
Molte persone oggi si definiscono "spirituali ma non religiose", ma è davvero così facile, o salutare, separare spiritualità e religione l'una dall'altra? James Martin SJ pensa di no e, in un estratto dal suo libro popolare, "La guida dei gesuiti a (quasi) tutto", spiega perché la religione non dovrebbe essere liquidata così facilmente.
Tutti sembrano essere spirituali in questi giorni, dal tuo compagno di stanza del college, alla persona nel cubicolo dell'ufficio accanto al tuo, all'argomento d'intervista di qualche celebrità. Ma se "spirituale" è di moda, "religioso" è altrettanto fuori moda. Questo di solito è espresso come segue: "Sono spirituale ma semplicemente non religioso".
Ci sono così tante persone che si descrivono in questo modo che a volte mi chiedo se i Gesuiti potrebbero attirare più persone se dessero gli Esercizi Spirituali ma non Religiosi .
Il pensiero che spinge a quest'atteggiamento è questo: essere "religiosi" significa attenersi a regole arcane e a dogmi nascosti, ed essere lo strumento di un'istituzione oppressiva che non ti permette di pensare da solo. (Il che avrebbe sorpreso molti credenti pensanti, come San Tommaso d'Aquino, Mosè Maimonide, Dorothy Day e Reinhold Niebuhr.) La religione è ottusa e pregiudizievole – così va il pensiero – soffocando la crescita dello spirito umano. (Il che avrebbe sorpreso San Francesco d'Assisi, Abraham Joshua Heschel, Santa Teresa d'Avila, Rumi e il Reverendo Dott. Martin Luther King Jr.) In maniera peggiore, secondo alcuni autori contemporanei, la religione è il più spregevole dei mali sociali, responsabile di tutte le guerre e dei conflitti nel mondo. Purtroppo, la religione è responsabile di alcuni mali nel mondo moderno e di altri mali nel corso della storia: fra questi la persecuzione degli ebrei, le guerre infinite di religione, l'Inquisizione, per non parlare dell'intolleranza religiosa e del fanatismo che porta al terrorismo. Puoi aggiungere a questo elenco cose più piccole: il tuo vicino critico che ti dice ad alta voce quanto spesso aiuta in chiesa, il tuo parente più santo di te che strombazza quanto spesso legge la Bibbia o quel ragazzo fastidioso al lavoro che continua a dirti che la fede in Gesù ti porterà sicuramente un incredibile successo finanziario. C'è un lato umano e peccaminoso nella religione poiché le religioni sono organizzazioni umane e quindi inclini al peccato e, francamente, le persone all'interno delle organizzazioni religiose lo sanno meglio di quelle al di fuori di esse.
Alcuni dicono che a conti fatti la religione si trova carente. Tuttavia, vorrei accumulare contro gli aspetti negativi alcuni aspetti positivi: tradizioni di amore, perdono e carità, nonché le conseguenze più tangibili di migliaia di organizzazioni religiose che si prendono cura dei poveri, come le associazioni di beneficenza cattoliche o la vasta rete di ospedali cattolici e scuole che si prendono cura delle popolazioni povere e immigrate. Pensa anche a uomini e donne generosi come San Francesco d'Assisi, Santa Teresa d'Avila, Santa Caterina da Siena, Dorothy Day, Santa Madre Teresa di Calcutta e ancora il Reverendo Dott. Martin Luther King Jr. Parlando del Dottor King, potresti aggiungere suffragio femminile e movimenti per i diritti civili, tutti fondati su principi esplicitamente religiosi. Aggiungi a questa lista i miliardi di credenti che hanno trovato nelle proprie tradizioni religiose non solo conforto ma anche una voce morale che li esorta a vivere vite altruistiche e a sfidare lo status quo.
E Gesù di Nazareth. Ricordi? Sebbene sfidasse spesso le convenzioni religiose del suo tempo, era un uomo profondamente religioso, per dirla con un eufemismo.
A proposito, neanche l'ateismo è perfetto. Nel suo libro No One Sees God: The Dark Night of Atheists and Believers, Michael Novak sottolinea che mentre molti pensatori atei ci esortano a mettere in discussione tutto, specialmente la religione organizzata, gli atei spesso non riescono a mettere in discussione se stessi. Si pensi alla crudeltà e allo spargimento di sangue perpetrato, proprio nel XX secolo, da regimi totalitari che hanno professato l'ateismo scientifico. Mi viene in mente la Russia stalinista.
A conti fatti, penso che la religione sia al primo posto. E quando penso agli esempi degli effetti malefici della religione, ricordo la scrittrice inglese Evelyn Waugh, una scrittrice abbagliante che per molti versi era una persona cattiva. Uno degli amici di Waugh una volta espresse stupore per il fatto che potesse essere così meschina e cristiana. Pensa, disse Waugh, quanto sarei peggiore se non fossi cristiana.
Tuttavia, non sorprende che, dati tutti i problemi con la religione organizzata, molte persone direbbero: "Non sono religioso". Dicono: "Sono seriamente intenzionato a vivere una vita morale, forse anche incentrata su Dio, ma sono la mia persona".
"Spirituale", d'altra parte, implica che, libero da dogmi inutili, puoi essere te stesso davanti a Dio. Il termine può anche implicare che hai provato una varietà di credenze religiose che hai integrato nella tua vita. Mediti in un tempio buddista (che è fantastico); partecipi con amici ebrei alla Pasqua (ottimo anche); canti in un coro gospel in una chiesa battista locale (di nuovo grande); e vai alla Messa di mezzanotte della vigilia di Natale in una chiesa cattolica (anche questa fantastica). Trovi ciò che funziona per te, ma non frequenti veramente alcuna chiesa: sarebbe troppo limitante. Inoltre, non c'è nessun credo che rappresenti esattamente ciò in cui credi. Ma c'è un problema. Mentre "spirituale" è ovviamente salutare, "non religioso" può essere un altro modo per dire che la fede è qualcosa fra te e Dio. E mentre la fede è una questione fra te e Dio, non è solo questo. Perché significherebbe che ti stai relazionando solo con Dio. E questo significa che non c'è nessuno che possa aiutarti quando potresti essere fuori strada.
Tendiamo tutti a pensare di avere ragione sulla maggior parte delle cose e la spiritualità non fa eccezione. Non appartenere a una comunità religiosa significa meno possibilità di essere sfidati da una tradizione di credenza ed esperienza, meno possibilità di vedere quando si è fuorviati, vedendo solo una parte del quadro, o addirittura sbagliando.
Consideriamo una persona che vuole seguire Gesù Cristo da sola. Forse ha sentito dire che se seguirà Cristo godrà di un successo finanziario, un'idea popolare oggi. Se facesse parte di una comunità cristiana tradizionale, tuttavia, le verrebbe ricordato che la sofferenza fa parte della vita anche del cristiano più devoto. Senza la saggezza di una comunità, potrebbe gravitare verso una visione distorta del cristianesimo. Una volta che cade in tempi difficili finanziariamente, può abbandonare Dio, che ha smesso di soddisfare i suoi bisogni personali.
Nonostante i nostri migliori sforzi per essere spirituali, commettiamo errori. E quando lo facciamo, è utile avere la saggezza di una tradizione religiosa.
Questo mi ricorda un passaggio di un libro intitolato Habits of the Heart, scritto da Robert Bellah, un sociologo della religione, e altri colleghi, in cui hanno intervistato una donna di nome Sheila, sulle sue convinzioni religiose. "Credo in Dio", disse. "Non sono una fanatica religiosa. Non riesco a ricordare l'ultima volta che sono andata in chiesa. La mia fede mi ha portato lontano. È Sheilaismo. Solo la mia vocina."
Ancora più problematiche dello sheilaismo sono le spiritualità interamente incentrate sul sé, senza spazio per l'umiltà, l'autocritica o alcun senso di responsabilità per la comunità. Certi movimenti "New Age" trovano la loro meta non in Dio, e nemmeno nel bene superiore, ma nell'auto-miglioramento – una meta preziosa – ma che può degenerare nell'egoismo.
La religione può fornire un freno alla mia tendenza a pensare che io sono il centro dell'universo, che ho tutte le risposte, che conosco Dio meglio di chiunque altro e che Dio parla più chiaramente attraverso di me.
Allo stesso modo, le istituzioni religiose hanno bisogno di essere chiamate a rendere conto. E qui i profeti fra noi, che sono in grado di vedere i fallimenti, le debolezze e la semplice vecchia peccaminosità della religione istituzionale, giocano un ruolo fondamentale. Come gli individui che non vengono mai sfidati, le comunità religiose possono spesso sbagliare tragicamente le cose, convinte di fare la "volontà di Dio". (Pensa ai processi alle streghe di Salem, fra gli altri esempi.) Potrebbero persino incoraggiarci a diventare compiacenti nei nostri giudizi. La religione non riflessiva a volte può incitare le persone a compiere errori peggiori di quelli che farebbero da sole. Pertanto, quelle voci profetiche che invitano le loro comunità a una continua autocritica sono sempre difficili da ascoltare per l'istituzione, ma nondimeno necessarie. A suo modo, Ignazio esercitò un ruolo profetico chiedendo ai Gesuiti di non cercare nella chiesa alte cariche clericali – come quella di vescovo, arcivescovo o cardinale. In effetti, i gesuiti fanno una promessa di non "ambizione" per alte cariche anche all'interno del loro stesso ordine. In questo modo, Ignazio non solo cercò di prevenire il carrierismo fra i Gesuiti, ma disse anche una parola di profezia alla cultura clericale della chiesa del suo tempo.
È una sana tensione: la saggezza delle nostre tradizioni religiose ci fornisce un correttivo alla nostra propensione a pensare di avere tutte le risposte; e gli individui profetici possono moderare la naturale propensione delle istituzioni a resistere al cambiamento e alla crescita. Come per molti aspetti della vita spirituale, è necessario trovare l'equilibrio nella tensione.
La religione ci fornisce qualcos'altro di cui abbiamo bisogno: storie di altri credenti, che ci aiutano a capire Dio meglio di quanto potremmo fare da soli.
Isaac Hecker era un convertito al cattolicesimo del 19° secolo che divenne sacerdote e fondò l'ordine religioso americano noto come i Paulisti. La religione, ha detto Hecker, ti aiuta a "connetterti e correggere". Siete invitati in una comunità per connettervi gli uni con gli altri e con una tradizione. Allo stesso tempo, vieni corretto quando devi esserlo. E potresti essere chiamato a correggere la tua stessa comunità, anche se in questi casi è richiesto un tipo speciale di discernimento e di umiltà.
La religione può portare le persone a fare cose terribili. Nella migliore delle ipotesi, però, la religione modifica la nostra naturale tendenza a credere di avere tutte le risposte. Quindi, nonostante quello che dicono molti detrattori, e nonostante l'arroganza che a volte infetta i gruppi religiosi, la religione nella sua forma migliore introduce l'umiltà nella tua vita.
La religione riflette anche la dimensione sociale della natura umana. Gli esseri umani desiderano naturalmente stare gli uni con gli altri e questo desiderio si estende all'adorazione. È naturale voler adorare insieme, riunirsi con altre persone che condividono il tuo desiderio per Dio e lavorare con gli altri per realizzare i sogni della tua comunità.
L'esperienza di Dio passa anche attraverso le interazioni personali all'interno della comunità. Certo, Dio comunica attraverso momenti privati, intimi – come nella preghiera o nella lettura di testi sacri – ma a volte Dio entra in relazione con noi attraverso gli altri in una comunità di fede. Trovare Dio accade spesso nel mezzo di una comunità – con un "noi" tanto spesso quanto un "io". Per molte persone questa è una chiesa, una sinagoga o una moschea. O, più in generale, la religione.
Infine, religione significa che la tua comprensione di Dio e della vita spirituale possono trascendere più facilmente la tua comprensione e immaginazione individuali. Ti immagini Dio come un giudice severo? Va bene, se ti aiuta ad avvicinarti a Dio o a diventare una persona più morale. Ma una tradizione religiosa può arricchire la tua vita spirituale in modi che potresti non essere in grado di scoprire da solo. Ecco un esempio: una delle mie immagini preferite di Dio è il "Dio delle sorprese", che ho incontrato per la prima volta durante il noviziato. La mia idea di Dio all'epoca era limitata a Dio il Lontano, quindi è stato liberatorio sentire parlare di un Dio che sorprende, che ci aspetta con cose meravigliose. È un'immagine di Dio giocosa, persino divertente. Ma non l'avrei mai inventato da solo. Mi è venuta da David, il mio direttore spirituale, che l'aveva letta in un libro con lo stesso titolo, di un Gesuita inglese di nome Gerard W. Hughes, che l'aveva preso in prestito da un saggio del Gesuita tedesco Karl Rahner. Quell'immagine fu amplificata quando lessi la conclusione di uno dei grandi romanzi spirituali moderni, Mariette in Estasi. Ron Hansen, uno scrittore pluripremiato che è anche un diacono cattolico, ha scritto la storia delle esperienze religiose di una giovane suora all'inizio del 1900, liberamente ispirata alla vita di Santa Teresa di Lisieux, la carmelitana francese. Alla fine della storia, Mariette, che ha lasciato il monastero molti anni prima, scrive alla sua ex maestra delle novizie, assicurandole che Dio comunica ancora con lei.
Cerchiamo di essere formati, trattenuti e mantenuti da Lui, che ci offre anche la libertà. E ora quando cerco di conoscere la Sua Volontà, la sua gentilezza mi inonda, il suo grande Amore mi travolge e lo sento sussurrare: Sorprendimi. La mia immagine del Dio che sorprende e del Dio che attende sorprese è venuta da tre Sacerdoti Gesuiti e dall'immaginazione religiosa di uno scrittore cattolico. In altre parole, quell'idea mi è stata data dalla religione. Nel complesso, essere spirituali ed essere religiosi fanno entrambi parte dell'essere in relazione con Dio. Nessuno dei due può essere pienamente realizzato senza l'altro. La religione senza spiritualità diventa un secco elenco di affermazioni dogmatiche separate dalla vita dello spirito. Questo è ciò contro cui Gesù ha messo in guardia. La spiritualità senza religione può diventare un compiacimento egocentrico separato dalla saggezza di una comunità. Questo è ciò che sto avvertendo.
Fonti: bc.edu - cesapp.catholic.edu.au - catholicworldreport.com - todayscatholic.org - thinkingfaith.org