Solo in Dio riposa l'anima mia
“A che giova ad un uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la sua anima?”
Gesù di Nazareth, il Cristo
A volte ci sentiamo forti, sicuri e decisi nelle nostre intenzioni.
Ma cos’è mai tutta questa sicurezza, al cospetto di un agonizzante in ospedale, magari intubato, con flebo varie piantate nelle vecchie e stanche vene, nudo sotto un lenzuolo anonimo, con tanto di tracheotomia e morfina in circolo?
Non intendo criticare l’uomo nella sua effimera forza, né tantomeno esaltare l’agonizzante, tuttavia rieccheggiano le parole di Qoelet: “Vanità delle vanità, tutto è vanità”.
Nessuno nasce per se stesso e nessuno muore per se stesso, afferma San Paolo.
Come dobbiamo comportarci, dunque, di fronte a questo vero e proprio “mistero della vita?”. Una risposta potrebbe essere: “Cerchiamo di dare il meglio di noi”. Questo è già tanto e degno di lode, ma rischia di spegnersi nella tomba, se non sappiamo il perché dobbiamo comportarci così. Gli antichi studiavano, come potevano, il mistero della morte, e sentenziavano l’immortalità dell’anima.
L’anima, in effetti, è immortale. Avevano ragione. Perché, tuttavia, riveste un corpo, per un limitato periodo temporale? Non lo sappiamo.
C’è chi paragona l’universo ad un “parco giochi per le anime”. L’ipotesi è suggestiva, ma come si concilia con il Messaggio di Gesù Cristo, che molto seriamente parla di un Giudizio? Tutto, in natura, tende a bilanciarsi, come si mescolano fra loro caffè e latte, e chi riesce a separarli? Anche il male deve essere pagato, come è pagato il bene. Ma Chi è che paga? Come? Quando? Naturalmente è Dio solo.
Egli è infinitamente trascendente, ma anche infinitamente immanente, ossia partecipe del Suo Creato e delle Sue Creature. Don Pollano scrisse che nessuno è più concreto di Dio. Egli sa esattamente cosa vuole compiere, quando compierlo e come compierlo. Solo Lui conosce tutto. Il Santo Papa Giovanni Paolo II disse: “Gesù sa cosa è nell’uomo. Solo Lui lo sa.”
Cosa siamo, alla fine? Nudi, rantolanti, il cuore arriva alla fine della sua corsa di milioni e milioni di battiti, il cervello a poco a poco si spegne, e viene decretata la morte. In ospedale si parla di “accertamento di morte”. Elettrocardiogramma piatto per venti minuti, elettroencefalogramma piatto per sei ore… I medici lo sanno molto bene, ma non osano spingersi oltre.
Il corpo umano è costituito da circa centomila miliardi di cellule… come si spengono in fretta… una vera e propria reazione a catena.
La faccia del morente: con un po’ di barba, senza luce… ma non sempre! Non sempre. Si narra di tante morti di antichi monaci: luci, profumi, cori angelici…
Non è fantasia, ma verità. Già la fantasia è verità effimera nella mente, tanto più ciò che chiamiamo “realtà”. Tanto più, inoltre, ciò che trascende la realtà sensibile, molto più reale del reale stesso. Un gioco di parole? No, troppi pensatori, Santi e Martiri lo testimoniano.
“Imparate da me, che sono mite e umile di cuore”, afferma Gesù.
Stiamo buoni e bravi, dunque, perché la falce miete e la mietitura non è lontana da noi, come a volte pensiamo.
Ripeto: rantolanti, agonizzanti, intubati, narcotizzati, tracheotomizzati, con elettrodi vari, catetere incluso… La fossa arriva, ma anche la risurrezioni dai morti.
San Paolo, infatti, afferma che se Gesù non è risuscitato dai morti, vana è la nostra fede. Il corpo umano è veramente “polvere di stelle”. Gli elementi chimici che in gran parte lo compongono, come il carbonio, l’ossigeno, il ferro, etc. sono infatti sintetizzati nelle stelle, soprattutto quando la stella sta morendo. Questo è quanto afferma la scienza.
“Se il chicco di grano caduto in terra non muore, resta solo. Ma se muore porta molto frutto”, afferma Gesù.
Sia lode eterna a Colui che sta alla porta e bussa, come è scritto nell’ultimo Libro della Bibbia, l’Apocalisse, Rivelazione Profetica che San Giovanni Apostolo ebbe sull’isola di Patmos.
Vieni, Signore Gesù!