Santità

San Giovanni Bosco

San Giovanni Bosco

 

Un giorno San Giovanni Bosco, noto Santo piemontese “dei giovani”, la cui vita ebbe pieno quanto santamente fiorente sviluppo a Torino, fondatore dei Salesiani, disse che chi non giunge alla Santità ha fallito la propria vita. Senza dubbio si tratta di un’espressione forte, ma vediamo il seguito. San Domenico Savio, giovane seguace di Don Bosco, lo prese in parola. Cominciò quindi ad intensificare la preghiera, nonché a sottoporsi a varie pratiche ascetiche, fra cui il digiuno ed una particolare forma di penitenza che si era auto-imposto, cioè dormire, anche d’inverno, solo con una leggera copertina. Un giorno San Domenico Savio si recò a colloquio da San Giovanni Bosco. Don Bosco lo vide pallido ed emaciato, e gli domandò come mai fosse ridotto in quello stato. Domenico gli spiegò tutto. Allora San Giovanni Bosco gli spiegò che la vera Santità consiste nel fare diligentemente il proprio dovere, nelle condizioni in cui uno si trova o, meglio, nelle condizioni di vita in cui Dio lo ha posto.

Senza dubbio occorre fare tesoro delle parole di Don Bosco, tuttavia occorre sapere che ci sono molte vie che portano alla Santità, e Dio ne è l’Artefice e Maestro. Cosa significa la parola “Santo”? Letteralmente significa “separato”, in particolare “separato dal male”. È dunque in quest’ottica che va vista la Santità: cercare di giungere all’unione con Dio che, come ci dice Gesù, è “Il Solo Buono”, vivendo il più possibile separati dal male. Dal male che è in noi e fuori di noi.

Nel corso dei secoli moltissimi uomini e donne hanno cercato di essere Santi, mediante diverse pratiche di vita, che avevano comunque lo stesso obiettivo. C’è chi si è dedicato all’ascesi, in monasteri o deserti. C’è chi ha dedicato la propria vita all’aiuto fraterno del prossimo: chi curando i malati, chi aiutando i carcerati, chi facendosi missionario, partendo così per terre vicine o lontane a predicare il Vangelo, la Buona Novella. Sforziamoci innanzitutto di ubbidire ai massimi comandamenti dell’Amore, che è Dio stesso: 1) Amare Dio al di sopra di tutto, con tutte le nostre forze, con tutta la nostra anima, con tutto il nostro cuore e con tutta la nostra mente. 2) Amare il prossimo come noi stessi, senza distinzioni, anche se a volte è difficile.

Tuttavia, per diventare Santi, occorre innanzitutto l’Aiuto di Dio. Senza il Suo aiuto nessuno può santificare la propria esistenza terrena. Nessuno. ChiedamoglieLo dunque umilmente, in preghiera. Il Suo potente sostegno non ci mancherà! Santi ed eroi hanno molte cose in comune, ma non occorre essere dei “Superman”. Andrew Bernstein affermò: “Un eroe ha affrontato tutto: non è necessario che sia imbattuto, ma dev’essere intrepido.” Tutto ciò è assolutamente vero, tuttavia occorre tenere ben presente che il coraggio senza prudenza può rivelarsi spesso temerario quanto stolto. In un articolo di Renato Balducci, apparso il 17 gennaio 2013 sul sito web de “La Stampa”, viene riportata la storia di malattia e morte di un pastore di 68 anni, che viveva sulle montagne dell’Ossola (Italia). Il pastore, Walter Bevilacqua, soffriva da tempo d’insufficienza renale; è spirato durante una consueta dialisi, a cui si sottoponeva ogni settimana all’ospedale San Biagio di Domodossola. Un po’ di tempo prima, aveva confessato al parroco del paese, durante una chiacchierata, le seguenti parole: “Sono solo, non ho famiglia. Lascio il mio posto a chi ha più bisogno di me. A chi ha figli e ha più diritto di vivere.” Secondo questa linea di pensiero ha poi rifiutato un trapianto renale, che lo avrebbe aiutato a vivere ancora un po’. La sorella Iside, mentre accompagnava il feretro del fratello al cimitero, ha commentato: “Era proprio come lo descrivono: altruista, semplice. Un gran lavoratore. Sapeva che un trapianto lo avrebbe aiutato a tirare avanti, ma si sentiva in un’età nella quale poteva farne a meno. E pensava che quel rene, frutto di una donazione, servisse più ad altri.” Se tutto ciò non è espressione di “santità”, non so cosa possa essere. Una decisione chiara, anche se probabilmente sofferta, presa da un uomo semplice, amante degli animali e dell’agricoltura, dal cuore generoso ed impavido.

Tutto ciò, se epurato da possibili ma altamente improbabili pensieri suicidi, ricorda quanto Gesù afferma in Giovanni 15, 13: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” Tuttavia non va assolutamente trascurato il seguito (Giovanni 15, 14-17): “Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.”