La divinità di Cristo è una prova razionale dell'esistenza di Dio

Gesù Cristo nella Sua Gloria

 

Le tesi da me sostenute in questo capitolo sono queste:

1) L'esistenza storica di Cristo è una realtà incontestabile.

2) I fatti prodigiosi della narrazione evangelica sono una realtà altrettanto incontestabile.

3) Cristo fu realmente investito della dignità messianica e fu realmente divino.

La dimostrazione di queste tesi è stata da me fatta, non già con sottili disquisizioni filosofiche e metafisiche, ma soltanto con la ragione, cioè fondandomi sui fatti storici e sui fatti scientifici. [...]

Ed allora, se nella dimostrazione delle mie tesi ho seguito soltanto la ragione, e se per Razionalismo si deve intendere quella filosofia che non ammette altra verità, all'infuori di quella intesa dalla ragione umana (e tali sono i termini della definizione di Razionalismo), cio vuol dire che anch'io sono un razionalista, al pari di Strauss, di Paulus e di Renan, con la differenza però che il mio Razionalismo mi ha portato a conclusioni ben diverse, da quelle cui giunsero i razionalisti di tutte le scuole e di tutti i tempi, negatori unanumi della divinità di Cristo.

La conclusione, dunque, è questa e non può essere che questa: Cristo è realmente esistito, ed è realmente divino, cioè Figlio unigenito di Dio. Negare la divinità di Cristo è come negare la luce del Sole! Ed allora, se Cristo è il Figlio di Dio, ciò vuol dire che esiste Dio, perché se esiste il Figlio, deve necessariamente esistere il Padre. Dunque, la divinità di Cristo è un'altra prova razionale e scientifica dell'esistenza di Dio.

Ed ora una speciale parola rivolgo proprio a te, mio caro lettore. Se mi hai seguito, dalla prima all'ultima pagina di questo capitolo, con la necessaria attenzione, tu di certo sarai giunto alla medesima conclusione, cui è arrivato il mio ragionamento, a meno che tu non voglia respingerla, per partito preso: nel qual caso, però, devo farti osservare che il preconcetto è il peggior nemico della ragione.

Se la ragione, dunque, non ti fa difetto, e, nell'intimità della tua coscienza, sei convinto della divinità di Cristo, allora tu, guardando il Crocifisso, non vedrai più la fredda immagine dipinta o plasmata dall'artista, ma vedrai il Cristo vero, il Cristo che lampeggia e che Dante vide nel cielo di Marte del Suo "Paradiso", nel mezzo di una grande Croce luminosa:

" Qui vince la memoria mia lo ingegno;
ché in quella Croce lampeggia Cristo,
si ch'io non so trovare esempio degno;
ma chi prende sua croce e segue Cristo,
ancor mi scuserà di quel che io lasso,
vedendo in quell'albor balenar Cristo "

È bello notare che Dante, nella "Divina Commedia", in segno di devoto omaggio all'augusto Redentore, pur scrivendo dodici volte il Nome di Cristo in fine di verso, lo fa sempre rimare solo con Se Stesso.

Dal libro "Esiste Dio?" di Alfredo Mazzei