Essere Cristiani

 Cristiano

 

Ma Gesù rispose loro: «Il Padre mio opera sempre e anch'io opero». Giovanni 5, 17

 

Il cristianesimo non è solo una religione, non è solo una dottrina, non è solo un insieme di norme morali; è infatti tutto questo e molto di più. Il cristianesimo è una Persona: Gesù Cristo. Una Persona Divina, ossia un Dio-Uomo. Se Dio è Onnipotente, Egli può tutto. Può quindi aver liberamente generato un Figlio-Dio: il Cristo, il Verbo Eterno del Padre. Ora, il Verbo è la Parola per eccellenza, ossia l’esplicitazione della Mente e del Cuore di Dio. Quando noi parliamo con sincerità, parliamo con la mente e con il cuore, ossia “tiriamo fuori” quello che pensiamo veramente. Non abbiamo altri mezzi: il Signore ci ha creati così. Questo espandersi della nostra coscienza è una forma di amore, e l’Amore per eccellenza, che è Dio, pronuncia eternamente la Sua Parola mediante il Figlio, entrambi uniti dallo Spirito Santo che da essi procede e che essi fonde, con Se Stesso, in un unico Signore: la Santissima Trinità.

Roberto Benigni, famoso attore, comico e recitatore italiano, un vero amante dell’Italia e dell’umanità, nel corso di una sua trasmissione dal nome “La più bella del mondo”, riguardante la Costituzione della Repubblica Italiana, ha riportato un storia che andiamo ora a leggere:

C’era un uomo, fondamentalmente buono e onesto, che si assopì, una sera d’estate, sul balcone di casa sua. Sognò un angelo, con un libro in mano, e gli chiese: “Che libro leggi?” L’angelo rispose: “In questo libro sono scritti i nomi delle persone che amano Dio”. L’uomo gli chiese: “È scritto anche il mio nome?” L’angelo rispose: “No, non è scritto”. L’uomo si rattristò e disse: “Io sono una persona buona e onesta, io amo gli altri uomini”. Il giorno dopo, l’uomo si addormentò nuovamente sul balcone di casa sua. Sognò l’angelo con un altro libro in mano. L’uomo gli chiese: “Che libro leggi?” L’angelo rispose: “In questo libro sono scritti i nomi delle persone amate da Dio.” L’uomo gli chiese: “C’è il mio nome?”. L’angelo rispose: “È il primo.”

Se dunque non amiamo la nostra vita ed il prossimo, non possiamo amare veramente Dio. La guerra in nome della religione non è mai giustificabile, anche se le vere ragioni di tutto ciò sono pressoché ignote. L’insegnamento e l’opera di Gesù Cristo non intendono però omologare l’umanità in una sorta di “buonismo”. Ognuno di noi è unico ed irripetibile; solo l’onnipotente azione creatrice del Signore è in grado di fare tutto ciò. L’uomo, inoltre, non è mai pienamente soddisfatto, non è mai veramente felice. Questo è sotto gli occhi di tutti: è inutile filosofare sulla questione o cercare di spiegarla: è così. Tuttavia quanto detto risulta ugualmente fonte di ragionamenti, pensieri e conclusioni di ogni tipo, che vanno dal pessimismo più nero all’aspettativa più rosea. Solo dopo la morte, forse, capiremo il perché di tutto ciò, ma non dobbiamo neppure illuderci che la morte ci scrolli completamente del fardello che abbiamo portato (o creato) durante una vita intera. Perché mai migliaia di Santi e di Sante erano (e sono) così ansiosi di raggiungere una certa “realizzazione spirituale” già su questa Terra? Se fosse sufficiente il semplice morire, per chiarire tutto, perché tante lotte, sofferenze e fatiche? Possiamo citare San Paolo, che nella sua Lettera ai Romani, Capitolo 8, versetti 19-23, ha scritto: "La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità - non per suo volere, ma per volere di Colui che l'ha sottomessa - e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo."

Gesù è il modello a cui ogni vivente, anche se non cristiano, è chiamato a guardare, osservare, cercare di comprendere. L’uomo lavora? Anche Gesù lavorò. L’uomo gioisce? Anche Gesù provò gioia. L’uomo piange? Anche Gesù pianse. L’uomo prega? Anche Gesù pregò. L’uomo vuole giustizia? Anche Gesù la volle. L’uomo muore? Anche Gesù morì. Il primo insegnamento del Cristo, la sua “opera” fondamentale, è la sua stessa incarnazione. Poi vengono la Sua Parola, la Sua Opera e la Sua Resurrezione, il più grande miracolo di tutti i tempi, il segno maggiore della divinità di Cristo. Quando Gesù si “trasfigurò” sul monte Tabor, davanti ai suoi Apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, ad un certo punto si formò intorno a loro una nube. Ecco cosa disse il Padre, in Luca 9, 35: “E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo».” Un grande “carismatico” dei nostri tempi, Harold Hill, ha definito la Sacra Bibbia “Il manuale del Costruttore.” Noi siamo stati “costruiti” da Dio, e la Sua Parola, racchiusa nelle Scritture, è il “libretto d’istruzioni” delle nostre vite. Desideriamo veramente “risvegliarci a nuova vita”? Iniziamo con il nostro corpo, la nostra anima e la Bibbia, incominciamo a leggere le istruzioni ed a metterle in pratica. I risultati non tarderanno ad arrivare: soddisfatti o rimborsati.

In Giovanni 12, 47-50, Gesù afferma: “Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me.”

Molte volte Gesù afferma di essere venuto “per compiere la Volontà del Padre”. Il disegno di Dio Padre su Gesù Cristo non è complicato: innanzitutto Gesù è l’agnello sacrificale che viene ucciso per liberarci da qualunque genere di peccato, ossia dall’andare contro il disegno della creazione, come essa era in origine. Sembra brutto definire una persona “agnello sacrificale”, soprattutto se si tratta di un Dio-Uomo, ma è così. Noi tutti, anche se non ci pensiamo e non ce ne accorgiamo, a volte siamo “sacrificati”. In che modo? Le nostre sofferenze non sono casuali: esse sono predisposte per purificare le nostre anime o quelle altrui. In effetti, certe tribolazioni che vivono alcuni individui in particolare hanno luogo per "purificarci dal peccato". Non c’è altro modo, a parte affidarsi in tutto e per tutto all’Altissimo; comunque, anche in questo caso, probabilmente dovremo soffrire. La “moneta” che viene utilizzata nel mondo “metafisico”, ossia oltre la materia, è la sofferenza. Il Cristo ha pagato tutto il debito, perché mai dovremmo noi ancora soffrire? La Chiesa afferma che Gesù ha cancellato le nostre “colpe”, tuttavia, spesso, dobbiamo “pagare” per le conseguenze che i nostri peccati, più o meno gravi, hanno su chi ci circonda e, addirittura, sul mondo intero, dal momento che l’umanità, nella sua interezza, è la somma di tutti i suoi membri, uniti misteriosamente, ma realmente, in qualcosa che ci può apparire piuttosto imponderabile, ma che è realmente presente ed operante. Si tratta del “Corpo Mistico di Gesù Cristo” oppure, per i non-cristiani, l’umanità in quanto “specie interconnessa”, i cui membri sono in profonda e continua relazione fra di loro. San Paolo, nella sua Prima Lettera ai Colossesi, afferma: "Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa."

Il Signore ha tracciato una Via non solo a parole, ma con la carne e con il sangue, con la materia: il legno della Croce e quello che plasmava quand’era falegname a Nazaret; il pane spezzato (il Suo Corpo); il vino versato (il Suo Sangue); le lacrime che versò per la morte del Suo amico Lazzaro, che poi risuscitò; i chicchi di grano, raccolti nei campi, con cui un giorno si sfamarono i Suoi Apostoli e Discepoli in difficoltà; l’acqua del fiume Giordano in cui venne battezzato da Giovanni; l’acqua tramutata in vino alle nozze di Cana; il profumo di nardo genuino, contenuto in un vasetto di alabastro, con cui venne unto il Suo Capo da una donna, mentre era a mensa con i Suoi Discepoli a casa di Simone il lebbroso, prima di essere condannato a morte; la moneta d’argento che San Pietro, su richiesta di Gesù, trovò in un pesce preso all’amo, utilizzata per pagare la tassa per poter entrare nel Tempio; il metallo dei chiodi che Gli vennero conficcati nelle mani e nei piedi; il sangue e l’acqua che sgorgarono dal Suo Cuore trafitto da una lancia, dopo la Sua morte in Croce; le lacrime con cui una donna pentita Gli lavò i piedi, per poi asciugarli con i suoi capelli; l’acqua e l’asciugamano che Gesù utilizzò per lavare i piedi dei suoi Apostoli, prima di essere ucciso; la tunica “cucita tutta d’un pezzo” che indossava; il pane ed il pesce arrostito che Egli preparò per i suoi “Fratelli”, sulla spiaggia del lago di Tiberiade, dopo essere risorto dai morti, ed un’infinità di altre cose.

L’opera continua del Cristo è inoltre quella di svelarci il volto di Dio, del Padre di ogni creatura. La maggior parte delle religioni pre-cristiane e non solo, ha sempre visto la Divinità in termini di Potenza, Sapienza, Forza e Giustizia. Tutto ciò è vero, ma il Bambino della grotta di Betlemme, adorato dai pastori e dai Magi, avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia, cerca di farci capire veramente, come poi dirà il Maestro medesimo, che il Regno di Dio è fondamentalmente diverso dai Regni umani, anche se Dio li permette e, in una certa misura, li guida. Il Dio di Gesù Cristo è perfettamente consapevole dei suoi infiniti e meravigliosi attributi, ma vuole una cosa da noi. Il nostro amore. Un grande sovrano può anche essere ubbidito, rispettato, osannato e temuto, spesso anche lodato ed adulato. Ma chi potrà mai obbligarci ad amare qualcuno, se non lo vogliamo? Ecco, il Signore Dio, l’Altissimo, pur potendo, in teoria, obbligarci anche ad amarLo, non lo fa. Anzi, spesso è addirittura odiato o, semplicemente, ignorato e trattato con indifferenza. Pur essendo Onnipotente, Egli aspetta con trepidazione il nostro amore; per questo non ci rende nemmeno le cose facili: il male divampa ovunque, all’interno di noi e fuori di noi, questo è sotto gli occhi di tutti. Come amare un Dio che permette tante sofferenze? La Beata Camilla Battista da Varano, un giorno prese uno strano proposito con il Signore e con se stessa. Ogni venerdì avrebbe dovuto versare almeno una lacrima in memoria della Passione e Morte di Gesù Cristo. Non importa come, dove ed in quale stato d’animo: questa lacrima doveva uscire fuori. Ella ci riuscì, sicuramente con l’aiuto del Signore. Molti potrebbero trovare alquanto bizzarro un tale comportamento, addirittura ipocrita. In alcune regioni meridionali d’Italia ed in altre Nazioni, esistono delle persone, donne in particolare, con il preciso compito di piangere ad un funerale di qualcuno. Tutti sanno che è una specie di recita, eppure ciò è apprezzato. Dio è al di là del nostro essere saggi o stolti, sani di mente o folli: questa lacrima, questo amore, in qualche modo deve uscire fuori, anche se si trattasse di “spremere il limone” dei nostri cervelli e dei nostri cuori. Non sto dicendo che dobbiamo essere ipocriti con il Signore; Egli stesso, nelle Scritture, biasima apertamente il formalismo religioso, il culto e la ritualità fini a se stessi, portati avanti solo per “sentirci tranquilli”. Tuttavia è come fra due persone che si amano da molto tempo: se sono in buoni rapporti, solitamente, concludono le loro telefonate con un “Ti amo”, spesso detto quasi meccanicamente, eppure pronunciato: “Io ti amo. Tu mi ami”. Tutto qui, eppure molti di noi conoscono il prezzo a cui tale amore, spesso, è “acquistato”, e quante sofferenze, inoltre, sono generate dalla mancanza di amore, dato e ricevuto. L’insegnamento di Cristo è anche questo: spremiti e ama, proprio come una gustosa quanto dissetante spremuta d’arance.

L’immagine negativa di Dio che a volte portiamo con noi, così ben esplicitata nell’alternanza di fiducia e sfiducia espressa nell’Antico Testamento, ha bisogno di purificarsi nell’immersione delle nostre menti e dei nostri cuori nel Nuovo Testamento: un’eterna lode al Figlio del Dio Vivente, il quale svela e conferma il volto benigno del Padre, anche se spesso severo, proprio come tanti “papà” umani. Gesù, come scrive Paolo Curtaz nel suo breve saggio “Credo in Gesù Cristo”, ci permette di conoscere Dio in verità e grazia, perché Lui e il Padre sono una cosa sola.

 

Nel Vangelo secondo San Giovanni, al Capitolo 1, versetti 16-18, sta scritto:

 

Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto
e grazia su grazia.
Perché la legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio nessuno l'ha mai visto:
proprio il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre,
lui lo ha rivelato.

 

Un aspetto importante del cristianesimo riguarda direttamente l’umanità-divinità di Cristo; a Lui dobbiamo adorazione non solo in quanto Egli è Dio, ma anche perché è il Mediatore Supremo fra il Padre e gli uomini. “Ad Jesum per Mariam. Ad Patrem per Jesum.” “A Gesù per Maria. Al Padre per Gesù.” Non si tratta tanto di seguire un determinato “filo logico” racchiuso in queste parole, anche perché ciascuno di noi ha una particolare sensibilità riguardo a queste cose, ma di vivere essendo consapevoli del cosiddetto “cristocentrismo”, tanto caro a San Francesco d’Assisi. Quando siamo nelle prova, nella tristezza, nella manchevolezza, nel vuoto, addirittura nella disperazione, benché sorretti da più di duemila anni di cristianesimo, è difficile scorgere il Volto Benigno del Padre; senza Gesù Cristo tutto ciò può risultare assai gravoso. Ma fissando lo sguardo sul Maestro di Galilea è possibile che noi riusciamo a ripetere le Sue parole, dette in punto di morte: “Padre, nelle Tue mani consegno il mio spirito”. Come sappiamo, al “ladrone pentito”, l’unico che nelle Scritture chiama il Cristo semplicemente “Gesù”, il Signore dice: “In verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso”. Nessun’altra divinità adorata dagli uomini ha mai pronunciato parole simili; possiamo poi disquisire per ore su “quanta gloria” sia dovuta a questo “ladrone pentito”, dal momento che il Signore ha avuto senz’altro misericordia anche per il “ladrone non pentito”. Benchè nelle Scritture si parli diverse volte di “corone di gloria”, vuoi corruttibili vuoi incorruttibili, è più che sufficiente essere consapevoli di poter “tornare a casa”. Stiamo, però, omettendo una Persona molto importante, che può aiutarci a far luce sul mistero del Cristo: lo Spirito Santo. In Giovanni 16, 13, possiamo leggere: “Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future.”

In moltissime culture antiche e moderne, come lo Sciamanesimo e la spiritualità degli Indiani d’America, nei modi più svariati, è invocato il “Grande Spirito”: questi popoli ed in particolare i loro “sacerdoti” sono perfettamente consapevoli che l’animo umano, di fronte alla divinità, è come un bicchiere da riempire, e questo può essere fatto solo dallo Spirito. Questo bicchiere può essere vuoto, e quindi estremamente ricettivo, oppure pieno, e quindi bisognoso di essere opportunamente svuotato, ossia purificato. Lo Spirito Santo, inviato dal Padre e dal Signore Gesù, è l’espressione più pura ed autentica di Dio, tanto che Gesù arriva ad affermare che ogni bestemmia sarà perdonata, ma non quella contro lo Spirito, che è rifiuto totale della Verità che “viene dall’alto”, che va a braccetto, addirittura, con quanto alcuni esponenti della setta dei Farisei dissero di Gesù Cristo, ossia che i miracoli da Lui compiuti erano opera del male e non del bene. Lo Spirito di Dio illumina a Suo piacimento chi vuole, anche i non cristiani; l’importante è avere un minimo di “ricettività”, che non è un dono od un carisma particolare, ma semplicemente l’essere disposti a cedere a Dio una quantità, più o meno grande, del nostro “io”. Lo Sprito Santo non è un qualcosa di “evanescente”, ma può essere perfettamente “sperimentato” nelle modalità più svariate, può essere addirittura, in certi casi, percepito dai nostri sensi, interni ed esterni. Nella preghiera del “Credo” (Simbolo Niceno-Costantinopolitano) si legge: “Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio.” Egli è dunque “datore di vita”, ossia l’Energia purissima e vivificante di Dio, Egli è più Reale della cosiddetta “realtà”, e perfino di noi stessi, se non avessimo la vita in Lui e per Lui.

Tornando al Signore Gesù, in che modo possiamo conoscere il Suo insegnamento e la Sua opera? Attraverso le Scritture, l’opera dello Spirito Santo, i testimoni diretti della Sua azione, misericordia e giustizia ed i Suoi Sacerdoti (che hanno ricevuto il Sacramento dell’Ordinazione Sacerdotale, in linea diretta con i Santi Apostoli del Signore).

Noi possiamo leggere il Nuovo Testamento, ed in particolare i Vangeli, per far rivivere nella nostra mente e nel nostro cuore ciò che Gesù ha voluto indicarci, offrirci e donarci. Tuttavia dobbiamo sempre tenere presente quanto San Giovanni Apostolo, “il Discepolo che Gesù amava”, scrive alla fine del suo Vangelo, al capitolo 21, versetto 25:

 

"Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere."

 

Nessuno di noi è esegeta, ossia “interprete”, perfetto; leggendo però le Scritture, illuminati dallo Spirito, le corde nei nostri cuori vengono accarezzate in maniera particolare, generando in ciascuno di noi una musica meravigliosa, diversa per ciascuno come diversi sono gli uomini e le donne fra loro, e tuttavia unica, come un tutt’uno è l’umanità. Le testimonianze di fede, nonché di rigorosa storiografia, sia dirette sia indirette, riportate nei Vangeli, ci aiutano non solo a comprendere cosa il Signore ha fatto (e continua a fare), non solo cosa Egli vuole da noi, piccoli o grandi “operai nella mistica vigna”, ma anche lo Spirito di ciò che Egli dice, in quanto la Sua Parola ha una misteriosa quanto efficace “azione purificatrice”. Leggiamo infatti, in Giovanni 15, 3: “Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato.” Se crediamo che Gesù è il Verbo del Dio Vivente, ossia l’eterna Parola del Padre… allora possiamo comprendere come la “Parola della Parola” possa anche avere una potente azione di purificazione e guarigione. Come scrive Paolo Curtaz nel suo citato saggio: “Attraverso i Vangeli, letti e interpretati in compagnia di coloro che lo hanno seguito lungo i secoli, possiamo accedere a Gesù e al suo messaggio su Dio”. La Parola del Signore, Padre, Figlio e Spirito Santo, inoltre, quando viene letta, soprattutto in pubblico ma anche in privato, ha inoltre una potente azione attualizzante, ossia parla direttamente a colui che legge, all’uditorio o addirittura a qualcuno in particolare che l’ascolta. Chi scrive queste pagine ha spesso sperimentato questo interessante quanto meraviglioso fenomeno: la Parola raggiunge direttamente la nostra mente ed il nostro cuore, in maniera ben circostanziata, quando ciò è necessario. Nella Lettera agli Ebrei di San Paolo Apostolo, al capitolo 4, versetto 12, possiamo leggere: “Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore.” Tutto ciò è assolutamente vero e sperimentabile da chiunque, non si tratta d’invenzioni o espressioni scritte a caso.

Cosa vuole il Signore, da noi Sue creature, figli e figlie amatissimi? Soprattutto una cosa sola: amare Dio, il prossimo e se stessi. Tutta la Sacra Bibbia ruota intorno a questo caposaldo; il “decalogo”, ossia i dieci Comandamenti che Mosè ricevette da Dio sul monte Sinai, perfezionati e sintetizzati in seguito dal Figlio dell’uomo, tentano di avvicinare noi tutti alla suprema quanto universale realtà dell’amore. Prendiamo, ad esempio, il primo Comandamento, riportato in Esodo 20, 2-3: “Io Sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dèi di fronte a me.” Dov’è, qui, l’amore? Semplice: se uno ama Dio, non lo tradisce. Quarto Comandamento: “Onora il padre e la madre”. Se uno ama suo padre e sua madre, non farà o dirà cose spiacevoli nei loro confronti. Nono Comandamento: “Non desiderare la donna d’altri”. Se uno ama sua moglie (o suo marito), non tradirà. Come detto, tutti i Comandamenti divini ruotano intorno ad una sola parola: amore. Per quanto riguarda il Giudizio Universale, illustrato dal Maestro di Galilea nella spettacolare quanto tremenda visione delle opere di “misericordia corporale”, la nostra attenzione deve necessariamente andare al tipo di azioni richieste dal Signore nei confronti del prossimo. Quali sono queste opere? Essenzialmente sono sette, secondo l’insegnamento di Gesù Cristo e della Sua Chiesa, adeguate comunque in base alle circostanze in cui ciascuno di noi si venisse a trovare: 1) Dar da mangiare agli affamati. 2) Dar da bere agli assetati. 3) Vestire gli ignudi. 4) Alloggiare i forestieri. 5) Visitare i malati. 6) Visitare i carcerati. 7) Seppellire i morti.

Queste opere, per Gesù, sono d’importanza capitale, tanto che, purtroppo, la loro mancata esecuzione, porta il Maestro a parlare, addirittura, di “fuoco eterno”. Si tratta infatti di uno dei pochi passi evangelici in cui Gesù parla apertamente dell'Inferno. La diffusa “mancanza d’empatia”, ossia la capacità d’immedesimarsi nella “pelle altrui”, è purtroppo la fonte primaria di tante sofferenze che c’infliggiamo l’un l’altro, spesso in maniera inconsapevole, ma comunque deleteria. Aiutando dunque il nostro prossimo facciamo del bene agli altri, ma anche a noi stessi; non solo: noi Cristiani, infatti, crediamo che questo bene venga rivolto a Dio in Persona. Riportiamo infatti le incredibili quanto meravigliose parole di Gesù, che si possono leggere in Matteo 25, 40:

 

“Rispondendo, il Re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.”

 

Il Signore, dunque, si identifica personalmente con i suoi “fratelli più piccoli”, ossia noi Suoi figli e figlie, ed in particolar modo in coloro che si trovano nel bisogno. Tutto ciò è semplicemente meraviglioso: Dio non solo è “con noi” e “per noi”, ma è anche “in noi”, perfettamente fuso nella nostra precaria quanto spesso contradditoria umanità. Egli, in ogni istante dell’eternità, sperimenta perfettamente ogni nostra sensazione, ogni nostro piacere, dolore, pensiero, opera e parola; solo la Sua Onnipotenza Gli permette questa mirabile attenzione, costantemente rivolta alle Sue creature. Non è semplicemente un "occhio onniveggente", ma è il nostro stesso Essere, la nostra stessa coscienza: noi non siamo uguali in tutto e per tutto a Dio, pur essendo Suoi figli, ma noi siamo in quanto Egli È. Come afferma Jean Lafrance nel suo libro "Prega il Padre tuo nel segreto", gli esseri umani non rientrano né nella categoria de "Lo stesso" né nella categoria de "L'altro". Possiamo dire: “Io sono solamente in quanto solo Dio è IO SONO”. Dio è in tutti: nel ricco e nel povero, nel bello e nel brutto, nel colto e nell’ignorante, nell’astuto e nel semplice… Tuttavia Egli ama identificarsi soprattutto con chi, mondanamente parlando, appare in posizione inferiore, fallimentare, con chi è nella disperazione, nella prigionia (qualunque siano le cause), nell’indigenza, nell’abbruttimento, nel bisogno delle più elementari sicurezze, nella malattia (fisica, psichica o spirituale), etc.

Un altro aspetto importante dell’insegnamento e dell’opera del Cristo è “l’annuncio del Regno dei Cieli” o “Regno di Dio”. Essenzialmente, il Regno dei Cieli è la Presenza Viva di Dio in mezzo a noi e dentro di noi. In Luca 17, 20-21 possiamo leggere:

Interrogato dai farisei: «Quando verrà il regno di Dio?», rispose: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!». "In mezzo a voi" si traduce anche con "Dentro di voi".

Il Signore Dio, l’Altissimo, è al contempo trascendente ed immanente, ossia partecipe del Suo creato e delle Sue creature. Il Regno di Dio è sempre in mezzo a noi, ma l’Incarnazione di Gesù Cristo ha permesso a noi tutti di avere una chiara visione di Chi sia “La Porta” che conduce al Padre: Gesù medesimo. Il Regno dei Cieli è certamente il Paradiso, come comunemente affermato, ma è anche l’opera feconda d’amore del Signore verso le Sue creature e delle creature verso i Signore e fra di loro. Un verso d’una nota canzone cattolica afferma: “Dov’è carità e amore, qui c’è Dio”; tuttavia, anche se con i nostri sensi carnali possiamo solo farci una vaga idea del Regno, verrà il tempo in cui tutto sarà chiaro: per questo siamo chiamati alla sequela della Persona del Cristo e a mettere in pratica le Sue Parole. In Matteo 7, 25 possiamo infatti leggere: “Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia.” Questa “roccia” è Cristo Stesso e l’applicazione dell’amore del Cristo verso Dio, il prossimo e noi stessi; tuttavia il nostro sforzo non è sufficiente e, a ben vedere, questo è estremamente giusto e persino fonte di profondo conforto. La “Roccia”, “La Pietra Angolare” è Gesù; in Matteo 21, 42 è infatti scritto:

 

E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
La pietra che i costruttori hanno scartata
è diventata testata d'angolo;
dal Signore è stato fatto questo
ed è mirabile agli occhi nostri?

 

Per la stragrande maggioranza dell'umanità, la questione non è tanto “Dio esiste?”, bensì è l'interrogativo “Facciamo bene a seguire Gesù Cristo?”. Un “padre del deserto” dell’antichità disse molto appropriatamente: “Anche i demoni sanno che Dio esiste, per questo fremono e tremano”. La risposta più pragmatica e corretta potrebbe essere: “Prova a seguire Gesù, poi osserva i risultati dentro di te e fuori di te.” Certamente la sequela di Cristo non risolve, quasi magicamente, tutti i nostri problemi; anzi, spesso ci complica, apparentemente, la vita. Il Signore, infatti, desidera che noi abbiamo “fede”; per Lui la fede, anche se poca e tentennante, è preziosissima: tutto ciò è la Sua Volontà. Leggiamo quanto scritto in Luca 18, 7-8: “E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. Alla luce della cosiddetta “razionalità umana” nessuna religione risulta facile da seguire, ed il cristianesimo non fa eccezione: ma la fede non va sempre contro la ragione, anzi, spesso la fortifica e completa mirabilmente. Gesù Cristo stesso è definito, dall’anziano profeta Simeone, quando Lo vide Bambino fra le braccia di Maria, “segno di contraddizione”. Leggiamo, infatti, in Luca 2, 33-35: "Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima»". Gesù, a volte, mette letteralmente “a soqquadro” le nostre convinzioni e le nostre vite, per poi darci, però, “il centuplo quaggiù e la vita eterna”, come possiamo leggere nel diciannovesimo capitolo del Vangelo secondo San Matteo.

Come molti di voi sapranno, poco dopo la nascita di Gesù, il Capo locale, il Tetrarca Erode, per timore che il Re-Messia nato a Betlemme secondo le Scritture (la città del Re e Profeta Davide) avrebbe potuto in qualche modo sostituirsi a lui, fece uccidere tutti i neonati di questo centro urbano, dai due anni in giù (la cosiddetta “strage degli innocenti”). Tuttavia le paure di Erode erano assolutamente ingiustificate; come infatti dice la Liturgia cattolica: “Perché temi, Erode? Non toglie i Regni umani, chi dà il Regno dei Cieli.” Quindi i vari Monarchi e Presidenti possono stare assolutamente tranquilli: Gesù non intende privarli del loro potere terreno, anche se Egli fa e farà Giustizia. A questo proposito è utile fare una breve digressione riguardo alla concezione della parola “Re”, secondo la Sacra Bibbia. Fino al tempo del profeta Samuele, figlio di Anna, il popolo d’Israele non aveva mai avuto un “Re”, a parte i Giudici, che però non erano dei “monarchi” come comunemente s'intende. Il loro “sovrano”, infatti, era il Signore Dio in Persona. Tuttavia, ad un certo punto, gli israeliti, vedendo che tutte le altre Nazioni dell’epoca erano delle monarchie, spesso anche prospere, chiese a Dio, per mezzo del Profeta Samuele, un Re. Il Profeta sapeva che il Signore ne sarebbe rimasto “contristato”, e così fu, tuttavia Dio accordò al popolo un Re: Saul. In seguito Saul perse il favore dell’Altissimo, disubbidendoGli. A questo punto Dio fece ungere Re, da Samuele, Davide figlio di Iesse il betlemmita. Davide divenne non solo Re, ma anche Profeta, in quanto predisse l’avvento del futuro Messia, Gesù Cristo. Il Signore, infatti, ebbe come padre putativo San Giuseppe, un diretto discendente di Davide. Anche Maria Vergine Santissima fa parte della discendenza di Davide. Nel Salmo 109, al versetto 1, sta scritto:

 

Oracolo del Signore al mio Signore:
«Siedi alla mia destra,
finché io ponga i tuoi nemici
a sgabello dei tuoi piedi»

 

Questo versetto è a dir poco incredibile, ma vero. “Oracolo del Signore al mio Signore”, ossia “Oracolo di Dio al Signore Gesù, Figlio dell’Altissimo e Figlio di Davide”; qui non solo è anticipato il concetto di umanità-divinità di Gesù, ma anche la promessa divina che Egli sarebbe stato innalzato al di sopra di tutto e di tutti, fino a sedere “alla destra di Dio”.

Ritornando al tema del Giudizio Universale, cosa possiamo sperare per noi, soprattutto? Di riuscire a praticare, almeno un po', le opere di misericordia corporale e, poi, spirituale, morale, amicale, affettiva, etc. Ovviamente, dei circa sette miliardi e mezzo di esseri umani che attualmente popolano la superficie del pianeta Terra, non tutti sono cristiani, non tutti credono in Dio, non tutti sono buoni e generosi... Cosa possiamo aspettarci? Cosa possiamo dire? Ogni uomo o donna che nasce ha, in buona misura, una strada tracciata. Questo è sotto gli occhi di tutti e non richiede particolari dimostrazioni. Tuttavia, chi più e chi meno, noi tutti possiamo pregare il Signore affinché abbia pietà di noi e ci aiuti ad essere utili non solo a noi stessi, ma anche agli altri, ognuno a modo proprio e secondo le sue possibilità. Il fatto che le persone siano così diverse fra di loro e, apparentemente, così fortunate o sfortunate, rimane essenzialmente un mistero. La nostra fede va pertanto alimentata dalla consapevolezza che tutto è veramente nelle Mani di Dio e che, se a volte la Sua Volontà ci appare così insondabile e, a tratti, anche dura, Egli sa come guidarci e come trarre il bene anche dal nostro male e da quello altrui, per volgerlo in bene, aiutandoci così, un giorno, a passare indenni attraverso il Suo Giudizio.